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Citalopram

Elopram, Seropram e altri

Avvertenze - Quali informazioni conoscere prima di usare Citalopram?

Interruzione del trattamento/sindrome da astinenza: la sospensione del trattamento con citalopram deve avvenire gradualmente per ridurre il rischio di sindrome da astinenza (nausea, capogiri, cefalea, vomito, dolori muscolari, acatisia, disturbi del sonno). Nella maggior parte dei pazienti i sintomi di astinenza si risolvono in 2-3 settimane, ma in un numero limitato di pazienti si sono protratti per un periodo maggiore (2-3 mesi). I sintomi da astinenza si possono verificare, oltre che al termine del trattamento, alla variazione del dosaggio, al passaggio da un antidepressivo ad un altro oppure quando la dose non viene assunta. Non interrompere mai bruscamente la terapia con citalopram quando compaiono i sintomi d'astinenza. Nel data base francese delle segnalazioni spontanee per le ADR, dall'introduzione in commercio dei vari SSRI fino al 2000, il citalopram è inserito al penultimo posto per la sindrome da astinenza (2 segnalazioni); la molecola meno segnalata è la sertralina (1 segnalazione) e la più segnalata è la paroxetina (29 segnalazioni) (Trenque et al., 2002).

Suicidio/ideazione di suicidio in pazienti pediatrici: gli SSRI non sono registrati per il trattamento della depressione nei pazienti pediatrici. La depressione è una patologia rara nel bambino (prevalenza 0,5%), aumenta nell'adolescenza (prevalenza 3%) ed è associata ad un rischio suicidario importante (Expertise Collective Inserm, 2003). Sulla base dell'analisi di 11 studi clinici in pazienti pediatrici trattati con SSRI per il disturbo depressivo maggiore (MDD), le agenzie regolatorie inglese CSM (Commitee on Safety of Medicines) e americana FDA hanno verificato che ci sono dati clinici di efficacia per fluoxetina e probabilmente per citalopram, ma non per paroxetina, sertralina e venlafaxina. Inoltre l'uso degli SSRI, in questa classe di pazienti, è stata associata ad un aumento di comportamento suicida (ideazione di suicidio, tentativo di suicidio, autolesionismo) rispetto al placebo (in particolare per paroxetina e venlafaxina, ma sono implicati anche citalopram, sertralina e fluoxetina; per la fluvoxamina i dati di letteratura sono scarsi).

Suicidio/ideazione di suicidio in pazienti adulti: poiché l'ideazione di suicidio è una componente insita nel disturbo depressivo maggiore e in altre forme patologiche di disturbi del comportamento, il rischio di suicidio rimane alto fino a quando non sono evidenti segni di miglioramento connessi con la terapia farmacologica. E' importante quindi monitorare segni e sintomi riconducibili all'ideazione di suicidio, in particolare nelle prime settimane di terapia, quando ancora non è stato raggiunto un controllo ottimale della patologia, e ogni qualvolta viene modificato il dosaggio del farmaco. Da una metanalisi condotta dalla GSK in pazienti adulti l'incidenza di comportamenti suicidatari sembrerebbe più frequente, rispetto a placebo, nell'intervallo di età compreso fra 18 e 30 anni. Nessuna differenza è stata riscontrata quando il confronto è stato fatto fra SSRI e antidepressivi tricilici.

Sindrome serotoninergica: tutti gli SSRI possono causare sindrome serotoninergica, evento avverso raro ma potenzialmente pericoloso per la vita. L'associazione con farmaci ad attività serotoninergica aumenta il rischio di manifestare questa sindrome i cui sintomi possono comprendere: alterato stato mentale, febbre, agitazione, tremori, mioclono, iperreflessia, atassia, incordinazione, diaforesi, brividi e sintomi gastrointestinali. Raramente sono stati anche osservati aumento del conteggio dei globuli bianchi, della creatinfosfochinasi, delle transaminasi epatiche o diminuzione del bicarbonato sierico, coagulazione intravascolare disseminata, mioglobinemia e insufficienza renale. Le manifestazioni cliniche non correlano con la concentrazione ematica di serotonina perché quello che conta è la sua concentrazione a livello della terminazione nervosa. Il trattamento della sindrome serotoninergica prevede sedazione, raffreddamento esterno, somministrazione di farmaci antiepilettici e antipertensivi.

Schizofrenia: i sintomi psicotici possono aggravarsi nei pazienti schizofrenici.

Depressione e cardiopatia: sulla base degli studi clinici disponibili, gli SSRI risultano possedere minimi effetti avversi cardiaci e rappresentano quindi un'opzione terapeutica valida nel trattamento della depressione nei pazienti cardiopatici. In questi pazienti un rischio indiretto dovuto all'uso di SSRI potrebbe derivare dall'iponatriemia associata a questa classe di antidepressivi.

Prolungamento dell’intervallo QTc: poiché il citalopram può potenzialmente prolungare l’intervallo QTc, si raccomanda cautela in associazione a farmaci antipsicotici perché può aumentare il rischio di prolungamento dell’intervllo QT (sala et al., 2005). Il citalopram è controindicato in caso di pazienti con prolungamento congenito dell’intervallo QTc oppure in caso di associazioni farmacologiche con farmaci noti per prolungare l’intervallo QTc.

Diabete: nei pazienti con diabete la somministrazione di un SSRI può influenzare il controllo glicemico. L'aumento del tono serotoninergico indotto dall'antidepressivo, infatti, sembrerebbe aumentare la secrezione e la sensibilità all'insulina (Gulseren et al., 2005). Il dosaggio dei farmaci antidiabetici, ipoglicemizzanti orali e insulina, potrebbe richiedere quindi un aggiustamento (Sansone, Sansone, 2003).

Mania/ipomania: il citalopram deve essere usato con cautela nei pazienti con anamnesi positiva di mania. Sono stati infatti riferiti psicosi e viraggio del tono dell'umore verso una fase maniacale, che ha richiesto la sospensione del farmaco, in pazienti trattati per la depressione con disturbo bipolare.

Epilessia/convulsioni: il citalopram deve essere impiegato con cautela in caso di pazienti epilettici con epatite Controllata. Sospendere il farmaco se compaiono convulsioni.

Cefalea: il citalopram è impiegato nel trattamento della profilassi in caso di cefalgia. Spesso il trattamento farmacologico è associato alla comparsa di effetti collaterali, coprattutto a carico del sistema nervoso, dell'apparato digerente e del sistema cardiovascolare. L'interruzione del trattamento con citalopram a causa degli effetti collaterali deve avvenire gradualmente, con una riduzione progressiva della dose dell'antidepressivo.

Iponatremia: gli SSRI possono indurre iponatremia (valore medio di 120 mmoli/L) con un aumento del rischio di 3,5 volte (Kirby et al., 2002). Nella maggior parte dei pazienti questo effetto avverso si manifesta durante il primo mese di terapia; il rischio è maggiore nelle donne anziane e nei pazienti in terapia con diuretici. L'iponatremia si manifesta con confusione, convulsioni, senso di fatica, delirio, sincope, sonnolenza, agitazione, vertigini, allucinazioni; più raramente con aggressività, disturbi della personalità e depersonalizzazione. La comparsa quindi di sintomi neuropsichiatrici durante il primo mese di trattamento deve suggerire la misurazione degli elettroliti sierici.

Sindrome da inappropriata secrezione di ADH: monitorare natremia ed uremia al basale e dopo 2 settimane dall'inizio del trattamento con SSRI ed eseguire ulteriori controlli qualora i pazienti manifestino sintomi come debolezza, letargia, cefalea, anoressia, confusione, stipsi ed aumento di peso.

Diaforesi: la diaforesi o eccessiva sudorazione è un evento avverso comune con i farmaci antidepressivi. La terapia consiste nel ridurre il dosaggio dell'antidepressivo o nell'interrompere la terapia. Nel caso questo non sia possibile, la somministrazione di uno dei seguenti farmaci è stata associata a beneficio clinico: benztropina (anticolinergico), ciproeptadina (antagonista di acetilcolina, serotonina istamina), labetalolo (beta agonista) oppure clonidina (diaforesi di origine ipotalamica).

Farmaci con attività serotoninergica (destrometorfano, tramadolo, meperidina, venlafaxina, trazodone, nefazodone, paracetamolo, dossilamina, pseudoefedrina, linezolide, triptofano, ossitriptano, risperidone): in associazione a citalopram aumenta il rischio di sindrome serotoninergica. Con triptofano e citalopram si possono manifestare agitazione e nausea. Destrometorfano, tramadolo e meperidina inibiscono la ricaptazione della serotonina.

MAO-inibitori: lasciar intercorrere almeno 14 giorni fra la fine del trattamento con MAO-inibitori e l'inizio di quello con citalopram e almeno una settmana fra la fine del trattamento con citalopram e l'inizio di quello con MAO-inibitori. Il rischio di sindrome serotoninergica è più elevato in caso di MAO-inibitori non selettivi o selettivi per la forma A dell'enzima monoaminoossidasi (moclobemide).

FANS: poiché sia gli SSRI sia i FANS, incluso acido acetilsalicilico, sono associati ad un aumento del rischio di sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore, l'eventuale associazione farmacologica richiede cautela. Nel caso non fosse possibile evitare l'associazione farmacologica preferire un antidepressivo a bassa inibizione del reuptake della serotonina, soprattutto nei soggetti a maggior rischio. In questi pazienti (età > 65 anni, anamnesi positiva per ulcera peptica o per sanguinamento gastrointestinale, pazienti defedati, pazienti in terapia con anticoagulanti o corticosteroidi) valutare la possibilità di ricorrere ad un trattamento gastroprotettivo.

Antipsicotici atipici: l'ipertensione indotta da antipsicotici atipici è un evento avverso noto. In associazione a SSRI il rischio aumenta probabilmente per inibizione farmacometabolica degli SSRI sugli antipsicotici. Poiché l'esordio dell'ipertensione è precoce, monitorare attentamente i valori pressori soprattutto nelle prime fasi dell'associazione terapeutica.

Barbiturici: la co-somministrazione di SSRI e barbiturici potrebbe comportare un abbassamento della soglia convulsiva. Possibile antagonismo dell'effetto anticonvulsivante.

Litio: in associazione a SSRI si può manifestare tossicità da litio.

Sibutramina: la co-somministrazione con SSRI non è raccomandata.

Pimozide, tioridazina: l'associazione con SSRI è controindicata (rischio di gravi aritmie ventricolari, fra cui “torsione di punta”).

Neurolettici: la co-somministrazione con SSRI richiede cautela perché può favorire la comparsa di sindrome maligna da neurolettici.

Pazienti epatopatici: il citalopram è metabolizzato dal fegato, pertanto una ridotta funzionalità dell'organo potrebbe alterare alcuni parametri del profilo farmacocinetico, con ripercussioni sulll'esposizione sistemica del farmaco. In questa classe di pazienti si raccomanda quindi di adottare dosaggi inferiori e/o meno frequenti.

Pazienti nefropatici: poiché la quantità di farmaco sia tal quale sia sotto forma di metabolita ammonta, nelle 24 ore, a circa il 20% della dose somministrata, in condizioni di insufficienza renale lieve-moderata non ci si apetta variazioni significative del profilo farmacocinetico del citalopram. Nei pazienti con insufficienza renale grave (CLcr < 30 ml/min) potrebbe verificarsi una riduzione, clinicamente significativa, della clearance.

Pazienti anziani: nei pazienti con età > 65 anni iniziare il trattamento con citalopram ad una dose inferiore (10 mg/die) rispetto a quella raccomandata. Incrementare successivamente il dosaggio a seconda della risposta terapeutica e della tollerabilità del farmaco.

Sedazione: cautela in caso di attività che richiedono attenzione costante perché la sertralina può indurre sonnolenza.

Gravidanza: valutare attentamente il rapporto rischio/beneficio prima di somministrare citalopram in donne in gravidanza. La depressione può arrivare a colpire fino al 20% delle donne in stato di gravidanza ed è stata associata a ritardo di crescita uterina e a basso peso alla nascita. La depressione materna non trattata può inoltre alterare il rapporto madre-neonato (scarsa capacità genitoriale). Gli studi clinici relativi all'impiego degli SSRI (intesi come classe terapeutica) hanno evidenziato un basso rischio di anomalie congenite (Alwan et al., 2007); l'analisi dei singoli farmaci ha evidenziato un correlazione con difetti cardiaci settali e omfalocele per sertralina e paroxetina (Louik et al., 2007). L'esposizione agli SSRI durante il terzo trimestre di gravidanza può provocare nel neonato la comparsa della sindrome da astinenza da SSRI e ipertensione polmonare persistente (Malm et al., 2005; Chambers et al., 2006). I sintomi più frequenti relativi alla sindrome da astinenza includono: agitazione, irritabilità, ipo/ipertonia, iperriflessia, sonnolenza, problemi nella suzione, pianto persistente. Più raramente si sono manifestati ipoglicemia, difficoltà respiratoria, anomalie della termoregolazione, convulsioni. L'ipertensione polmonare persistente è una grave patologia che richiede terapia intensiva e che può indurre anomalie dello sviluppo neurologico e morte. L'incidenza è pari a 1/100 neonati esposti a SSRI nella seconda metà della gravidanza rispetto ad una incidenza di 1/1000 nati vivi nella popolazione generale. Probabilmente questa patologia è correlata ad effetti della serotonina sullo sviluppo cardiovascolare (Mills, 2006). Il passaggio transplacentare degli SSRI può provocare emorragie nel neonato (Serebruany, 2006). Non sono noti gli effetti dovuti all'esposizione in gravidanza agli SSRI sullo sviluppo neurocomportamentale dei bambini. Nelle donne in gravidanza in terapia con SSRI si raccomanda un monitoraggio ecografico fetale alla 20esima settimana per evidenziare eventuali malformazioni fetali e il monitoraggio di segni e/o sintomi riconducibili a tossicità neontale (distress respiratorio, ittero, convulsioni, PPHN).

Allattamento: sebbene nel latte materno la concentrazione di citalopram e dei sui principali metaboliti, demetilcitalopram e didemetilcitalopram, sia risultata maggiore rispetto a quella ematica, la quantità di queste sostanze nel bambino allattato al seno è minima o inferiore al limite diagnostico. Nei trail clinici non sono stati evidenziati effetti tossici nel bambino allattato al seno (Heikkinen et al., 2002).

Formulazione orale in gocce: la formulazione orale in gocce contiene etanolo (9 vol %). Una dose può quindi contenere fino a 0,09 g di etanolo (dose massima). L'apporto di etanolo deve essere preso in considerazione nel caso di somministrazione a pazienti con patologia epatica, alcolisti, epilettici, pazienti con trauma cerebrale o patologia cerebrale, pazienti pediatrici.


Nota:
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