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Esomeprazolo

Lucen, Nexium e altri

Effetti collaterali - Quali sono gli effetti collaterali di Esomeprazolo?

Gli effetti collaterali più comuni di esomeprazolo sono: cefalea, dolore addominale, diarrea, nausea e infezioni respiratorie. A questi sono da aggiungere flatulenza e sinusite in caso di trattamenti di mantenimento (dosi di 10, 20, 40 mg) (Spencer, Faulds, 2000).

In caso di malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE), l’incidenza degli effetti collaterali è stata pari a 15,3% (esomeprazolo 40 mg), simile a quella riscontrata con omeprazolo (15,1%), e ha indotto il 2% dei pazienti a interrompere il trattamento.

In caso di esofagite erosiva (esomeprazolo 40 mg per 12 mesi), l’incidenza degli effetti collaterali è stata pari a 37,4% vs 68,3% vs 78,2% a 1, 6, 12 mesi (percentuali cumulative). L’interruzione del trattamento farmacologico ha interessato circa il 7,5% dei pazienti che hanno lamentato soprattutto nausea, dolore addominale e flatulenza.

In caso di ulcera duodenale associata a infezione da H. pylori, il profilo di tollerabilità di esomeprazolo è risultato simile a quello di omeprazolo, entrambi somministrati in associazione con antibiotici (incidenza effetti collaterali: 58,5 vs 54,5% dei pazienti).

Da uno studio condotto sul profilo di sicurezza utilizzando il metodo PEM (Prescription-event monitoring) gli effetti collaterali più frequentemente riportati dai pazienti sono coincisi con quelli osservati nei trial clinici: diarrea (incidenza nel primo mese di terapia: 8 per 1000 pazienti/mese di esposizione), nausea/vomito, dolore addominale, dispepsia, cefalea/emicrania, intolleranza, malessere, stanchezza, prurito (Davies et al., 2008).

L’uso prolungato (cronico) degli inibitori di pompa protonica, IPP, è stato associato alla comparsa di effetti collaterali importanti quali un aumento del rischio relativo a infezioni gastrointestinali, in particolare da Clostridium difficile, e respiratorie, soprattutto polmoniti; ipomagnesiemia associata a ridotti livelli di potassio e calcio; fratture per fragilità ossea (osteoporosi); carenze di vitamina B12 e ferro (Bourne et al., 2013). Poichè queste osservazioni provengono per la maggior parte da studi clinici di piccole dimensioni retrospettivi o da case report, andrebbero confermate da studi clinici prospettici di ampie dimensioni. Sulle evidenza scientifiche attualmente disponibili, la somministrazione prolungata di IPP potrebbe richiedere cautela nei pazienti anziani e in quelli con fattori di rischio per infezione da C. difficile o per fratture da fragilità ossea (Abraham, 2012; Fraser et al., 2013).

Cardiovascolari: cardiopatia ischemica, attacchi cardiaci, morte cardiaca.

Centrali: cefalea (3,5%); (raro) vertigini, sonnolenza, insonnia, allucinazioni, agitazione, aggressività, agitazione psicomotoria, amnesia, ansia, difficoltà di concentrazione, perdita dell’appetito, stato mentale anormale, sopore, torpore.
Nella Rete Italiana di Farmacovigilanza, le reazioni psichiatriche riportate sono state confusione (10 segnalazioni), sonnolenza (9 segnalazioni), insonnia (5 segnalazioni), allucinazioni (4 segnalazioni), agitazione (4 segnalazioni), aggressività (3 segnalazioni), agitazione psicomotoria (2 segnalazioni), amnesia (2 segnalazioni), ansia (2 segnalazioni), difficoltà di concentrazione (2 segnalazioni), perdita dell’appetito (2 segnalazioni), stato mentale anormale (2 segnalazioni), sopore e torpore (1 segnalazione ciascuno) ed hanno rappresentato il 10,4% del totale (ReA, 2009).
E’ stato ipotizzato che le reazioni psichiatriche da IPP possano dipendere dalla stimolazione di recettori del peptide di rilascio della gastrina localizzati a livello di ippocampo e amigdala dorsale. Le reazioni avverse psichiatriche sono risultate reversibili alla sospensione della terapia.

Dermatologici: (rari) dermatiti, prurito, orticaria, alopecia, fotosensibilizzazione; (molto raro) sindrome di Stevens Johnson, necrolisi epidermica tossica.

Ematici: riduzione dei livelli di emoglobina e dell’ematocrito; (rari) anemia perniciosa, anemia, trombocitopenia, leucopenia, agranulocitosi, pancitopenia.
Nei pazienti trattati per almeno un anno con inibitori di pompa protonica (IPP) è stata osservata una riduzione dei livelli di emoglobina (p=0,03) e dell’ematocrito (p=0,02) statisticamente significativa. Nello studio clinico di coorte retrospettivo, l’odds ratio relativo ad una riduzione di emoglobina di 1,0 g/dl fra pazienti trattati e non trattati con IPP è risultata pari a 5,03, mentre l’odds ratio relativo ad una riduzione dell’ematocrito del 3% è risultato pari a 5,46 (Sarzynski et al., 2011).

Endocrini: riduzione della libido.
E’ stato ipotizzato che l’esomeprazolo possa indurre il metabolismo del testosterone riducendone i livelli plasmatici (Rosenshein et al., 2004).

Epatici: innalzamento degli enzimi epatici; (raro) ittero, epatite, insufficienza epatica, encefalopatia nei pazienti con malattia epatica pre-esistente

Gastrointestinali: diarrea (3,7%), nausea (2,2%), flatulenza, dolore addominale (3,5%), stipsi; (raro) xerostomia, alterazioni del gusto.

Metabolici: iponatriemia; riduzione della concentrazione di magnesio (ipomagnesiemia), calcio (ipocalcemia) e potassio (ipokaliemia) (somministrazione prolungata); deficit da vitamina B12.
L’uso a lungo termine di inibitori di pompa protonica è stata associata a ipomagnesiemia (livelli sierici di magnesio < 0,7 mmoli/L) spesso associata a ipocalcemia (la carenza di magnesio può portare a ipoparatiroidismo con alterazione nell’omeostasi del calcio) e/o a ipokaliemia (causata da un aumento dell’escrezione renale del potassio per attivazione dei canali specifici) (Hoorn et al., 2010; Regolisti et al., 2010). L’ipomagnesiemia può provocare debolezza, tremori, psicosi, depressione, convulsioni, aritmia cardiaca e morte improvvisa. La maggior parte dei pazienti che hanno evidenziato ipomagnesiemia con alterazioni nei livelli di calcio e/ potassio è andata incontro a ospedalizzazione per gravi reazioni cardiache (aritmie) e neurologiche (convulsioni, perdita di coscienza). L’analisi dei dati raccolti dal sistema di farmacovigilanza americano sugli effetti collaterali dei farmaci ha evidenziato come la maggior parte dei casi di ipomagnesiemia da IPP siano attribuibili all’omeprazolo e in seconda istanza all’esomeprazolo, ma l’effetto collaterale può essere considerato un effetto di classe (Tamura et al., 2012). Dagli studi fatti, non sembra che la carenza di magnesio indotta dagli IPP possa dipendere da effetti sul rene (il riassorbimento renale del magnesio è risultato normale), o da alterazioni del meccanismo di assorbimento intestinale passivo. E’ probabile che gli IPP interferiscano con il sistema di trasporto attivo intestinale del magnesio che avviene tramite una proteina che funziona come una sorta di canale (Cundy, Dissanayake, 2008).
In alcuni pazienti in terapia cronica con inibitori di pompa protonica sono stati riportati diminuiti livelli di vitamina B12; nella maggior parte dei pazienti l’ipovitaminosi è risultata modesta e non associata a manifestazioni cliniche.

Muscoloscheletrici: (raro) incremento della creatinfosfochinasi, debolezza muscolare, miopatia, miosite, polimiosite, rabdomiolisi; fratture ossee non traumatiche.
Le reazioni avverse a carico del distretto muscoloscheletrico e relative a tossicità muscolare sono state associate, in vario grado, all’uso degli inibitori di pompa protonica (IPP). E’ possibile che tali reazioni possano dipendere dall’inibizione enzimatica (CYP2C19, 3A4) e della glicoproteina P con conseguente aumento dei livelli sierici degli inibitori di pompa e/o dei farmaci somministrati in associazione e noti per causare miopatia. Nel 45% delle segnalazioni di miosite, i sintomi sono comparsi durante i primi tre mesi di terapia, mentre nei pazienti con miopatia, i sintomi si sono manifestati con maggior frequenza nei primi 10 giorni del trattamento; più raramente in un periodo di tempo compreso fra i 50 giorni e alcuni anni dopo la somministrazione dell’inibitore di pompa. Anche per la rabdomiolisi le segnalazioni riportate hanno evidenziato casi in cui l’evento avverso si è manifestato entro la prima settimana di trattamento oppure entro un intervallo di tempo di 1,5-10 anni.
L’esposizione agli IPP per almeno un anno è stata associata ad un aumento del rischio di fratture ossee da osteoporosi (fratture non traumatiche) (Fraser et al., 2013).
In uno studio di piccole dimensioni (12 soggetti) di breve durata finalizzato a verificare l’impatto dell’inibizione dell’acidità gastrica sull’assorbimento del calcio, la somministrazione di esomeprazolo (20 mg due volte al giorno) a volontari sani (18-45 anni) per 2 cicli di 12 giorni non è stata associata a variazioni dell’assorbimento/escrezione di calcio rispetto al gruppo di controllo (Wright et al., 2010).

Oftalmici: (raro) offuscamento della vista.

Renali: (raro) nefrite acuta interstiziale.
La nefrite interstiziale acuta è un effetto collaterale raro, ma grave, associato all’uso degli inibitori di pompa protonica (IPP). I sintomi con cui si manifesta sono inizialmente aspecifici e simili a quelli della dispepsia. Possono comparire febbre, rash ed eosinofilia, ematuria, proteinuria, iperazotemia e iperuricemia; la diagnosi può essere confermata solo con biopsia renale. E’ probabile che la nefrite sia una reazione di ipersensibilità al farmaco. La nefrite interstiziale acuta da IPP può portare a insufficienza renale cronica.

Respiratori: (raro) broncospasmo, insufficienza polmonare; polmonite (uso prolungato).
L’insufficienza polmonare è stata osservata in un paziente pediatrico (età: 4 mesi) dopo somministrazione di esomeprazolo 0,8 mg/kg/die. Tossicità polmonare era già comparsa dopo somministrazione di omeprazolo nello stesso paziente (Baldassarre et al., 2007).
Un aumento del rischio di infezioni respiratorie, in particolare polmoniti, è stato osservato in pazienti ospedalizzati gravi trattati con inibitori della secrezione acida per prevenire la formazione di ulcere da stress (de Jager et al., 2012; Prescrire Int., 2012). L’analisi di 9 studi clinici di caso-controllo e di coorte, ha evidenziato un’associazione positiva fra polmonite acquisita in comunità (extraospedaliera) e uso di IPP (OR 1,39), uso di IPP per meno di 30 giorni (OR 1,65), uso di IPP a dosaggio elevato (OR 1,50) e IPP a basso dosaggio (OR 1,17), ma non per uso di IPP per più di 180 giorni (OR 1,10) (Giuliano et al., 2012).

Sistemici: febbre associata a cefalea e mialgia, infezioni da Clostridium difficile, angioedema, reazioni anafilattiche, edema periferico.
L’esomeprazolo è stato associato a comparsa di febbre elevata (> 40°C), cefalea e mialgia dopo poche ore dall’ingestione di una dose di 40 mg in un paziente adulto. Nel caso specifico questi sintomi non erano comparsi dopo la somministrazione di una dose minore dello stesso farmaco (20 mg) e dopo la somministrazione di pantoprazolo (40 mg/die). L’iperpiressia da inibitori di pompa protonica (IPP) è un evento raro descritto nell’ambito delle reazioni da ipersensibilità; la cefalea e la mialgia risultano invece più frequenti con un’incidenza che varia dal 3 al 30% dipendentemente anche da quale IPP è utilizzato. La causa della febbre associata all’esomeprazolo non è nota, ma è stato ipotizzato un coinvolgimento dell’ipotalamo, dove risiede anche il centro della regolazione della temperatura corporea (a differenza di alcuni IPP, l’esomeprazolo permea la barriera ematoencefalica) (Grattagliano et al., 2005).
Nei trial clinici i pazienti anziani sono risultati particolarmente esposti all’infezione da Clostridium difficile quando trattati per tempi prolungati con inibitori di pompa protonica. In uno studio clinico di coorte retrospettivo, l’incidenza di infezione ricorrente da Clostridium difficile è risultata pari al 25,2% vs 18,5%, rispettivamente nei pazienti trattati e non trattati con IPP (HR aggiustato: 1,42; HR aggiustato nei pazienti con più di 80 anni: 1,86) (Linsky et al., 2010). L’uso di IPP è risultato associato sia all’infezione da Clostridium sia alla colonizzazione del batterio (Loo et al., 2011).