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Nimesulide

Aulin, Nimedex e altri

Farmacologia - Come agisce Nimesulide?

La nimesulide (4-nitro-2-fenossimetansolfonanilide) è un antiinfiammatorio non steroideo con proprietà analgesiche ed antipiretiche.

Il gruppo funzionale, sulfoanilidico, contraddistingue questa molecola rispetto alla maggior parte dei FANS: nimesulide infatti rappresenta la capostipite di una nuova sottoclasse, quella delle sulfonanilidi, caratterizzata da selettività d’azione verso la forma 2 della cicloosigenasi.

Nimesulide si differenzia dai FANS tradizionali in quanto è una molecola non acida (pKa: 6,5). L’assenza di acidità migliora la tollerabilità gastrica. Il danno gastrico infatti è causato sia dall’inibizione della sintesi delle prostaglandine citoprotettive sia dall’irritazione a livello dell’epitelio della mucosa gastrica indotta dall’acidità del farmaco.

L'ambiente acido dello stomaco sposta l'equilibrio dalla forma " non-protonata" (ionizzata) della nimesulide verso la forma "protonata" (non ionizzata), liposolubile e più facilmente assorbibile dalle cellule della mucosa gastrica. Nella cellula, la nimesulide altera la fosforilazione ossidativa mitocondriale e favorisce la retro-diffusione degli ioni idrogeno H+, responsabili del danno diretto sulla mucosa dello stomaco.

L’attività antinfiammatoria è correlata alla concentrazione plasmatica del farmaco (a 2,5 mg/L è associata un attività del 50%) e sembra essere mantenuta anche dai suoi metaboliti (secondo picco, più lento, di attività a circa 15 ore dalla somministrazione).

Per migliorare il profilo farmacocinetico e ottenere un’azione antalgica più rapida, la nimesulide è stata complessata con beta-ciclodestrina, oligosaccaride ciclico derivante dall’idrolisi enzimatica dell’amido. La betaciclodestrina forma degli aggregati di inclusione con diversi farmaci, migliorandone solubilità e biodisponibilità.

In vivo, l’indice terapeutico della nimesulide–betaciclodestrina è risultato analogo a quello della nimesulide tal quale: per l’attività antinfiammatoria (test dell’edema da carragenina), il valore dell’indice (DL50 os/DE50 os) è stato di 112 vs 133, rispettivamente per il farmaco complessato o non complessato; per l’attività antalgica (test degli stiramenti addominali da acido acetico), l’indice è stato pari a 100 sia per nimesulide complessata sia non complessata.

La nimesulide agisce mediante più meccanismi:
1) antagonizza competitivamente la prostaglandina PGsintetasi; mentre mostra una bassa attività sulla sintesi di PGE2, TBX2 e 6-cheto-PGF1 alfa a livello della mucosa gastrica, riduce le concentrazioni di PGE2 e TBX2 in modo analogo a indometacina (Marini et al., 1990);
2) impedisce il rilascio di agenti ossidanti (acido ipocloroso e cloroamine) da parte dei neutrofili. Nel tessuto infiammato, tali sostanze sono citotossiche: inattivano l’antiproteasi alfa1 antitripsina, enzima capace di bloccare l’elastasi che, rilasciata dai neutrofili, digerisce il tessuto connettivale, distruggendolo (Corr. Med., 1992);
3) non stimola la liberazione di istamina ma ne controlla il rilascio, a differenza di molti FANS;
4) agisce come scavenger verso l’anione superossido prodotto nel processo di ossidazione enzimatica dell’acido arachidonico (Auteri et al., 1988). I radicali superossido, prodotti dai granulociti neutrofili e dai macrofagi, possiedono un'azione pro-infiammatoria;
5) esplica un’azione protettiva nei confronti della matrice cartilaginea attraverso l’inibizione di alcune metalloproteasi come la collagenasi e la stromelisina. L’inibizione così indotta determina un rallentamento del processo degenerativo a carico della cartilagine che si verifica nell’osteoartrosi (Pelletier et al., 1993).

In vivo la nimesulide (ED50 pari a 1,3 mg/kg) si è dimostrata superiore a indometacina (ED50 pari a 5,0 mg/kg), diflumidone (ED50 pari a 9,4 mg/kg) e aspirina (ED50 pari a 8,6 mg/kg) nel trattamento dell’eritema indotto da raggi ultravioletti (Swingle, Moore, 1984).

La nimesulide interagisce con la sintesi prostaglandinica: inibisce la cicloosigenasi (COX) con una discreta selettività per la COX-2. Il rapporto COX-1/COX-2 evidenziato per nimesulide è risultato il più favorevole rispetto a meloxicam < piroxicam < diclofenac < indometacina < ketoprofene (Cirino et al., 1998).

Inibisce irreversibilmente la formazione di PGE2 e PGF2 alfa con efficacia maggiore di aspirina e di fenilbutazone; simile ad acido flufenamico (Vigdahal, Tukey, 1977). Non sembra modificare i livelli di prostaglandine citoprotettive e di trombossano TXB2 a livello gastrico indicando una minore tossicità in questa sede (Casciarri et al., 1984); risulta meno ulcerogenico rispetto a indometacina, diclofenac sodico e piroxicam (Bottcher et al., 1987).

La nimesulide non sembra ridurre i livelli di leucotriene B4 ad alte dosi (30 mg/kg). A differenza di altri FANS, riduce in vivo l’accumulo di leucociti polimorfonucleati nell’infiammazione dell’arto indotta da carragenina (36% dopo 24 ore).

In vitro, la nimesulide ha mostrato propietà immunologiche: blocca il componente C3 del complemento impedendone l’attivazione.

La nimesulide, in vitro, risulta capace di ridurre od eliminare la contrattilità del miometrio; antagonizza l’azione di ossitocina, vasopressina, bradichinina e di PGF2 alfa esogena.

Determina una riduzione dose dipendente dei livelli di trombossano TXA2 e del broncospasmo indotto da bradichinina, istamina, leucotriene C4.

Come antipiretico si è dimostrata più efficace rispetto ad altri componenti della stessa classe. La nimesulide riduce la temperatura corporea (da 38,4 a 36,7 °C) con un massimo dopo 6 ore dalla somministrazione; riduce anche la frequenza del polso (da 95,3 a 83,4 battiti/min) a differenza di aspirina e dipirone (Reiner et al., 1984).

In bambini con infezioni respiratorie, la nimesulide (1,5 mg/kg/dose) ha mostrato attività simile a paracetamolo (10 mg/kg/dose) e ibuprofene (10 mg/kg/dose) in qualità di antipiretico; in questa classe di pazienti la nimesulide è stata associata ad aumento della glutamato-piruvato transaminasi sierica e della glutamato-ossaloacetato transaminasi (Lal et al., 2000).

In un altro trial, in caso di pazienti ospedalizzati per infezioni di diversa natura, l’efficacia di nimesulide nel ridurre la temperatura corporea è risultata maggiore rispetto al paracetamolo, considerando la rapidità d’azione, il numero di dosi somministrate il primo giorno per abbassare la temperatura, la temperatura massima raggiunta durante il secondo e il terzo giorno di trattamento (Goyal et al., 1998).

In un altro trial, l’attività antipiretica della nimesulide (5 mg/kg/die) in pazienti pediatrici con infezioni delle alte vie respiratorie è risultata più efficace e più rapida rispetto a paracetamolo (30 mg/kg/die) e ibuprofen (30 mg/kg/die) nei primi due giorni di terapia (Ulukol et al., 1999).

Nella patologia reumatica subacuta e cronica la nimesulide si è dimostrato di utilità terapeutica (93% dei pazienti) come analgesico ed antinfiammatorio. L’efficacia e la tollerabilità gastrica di nimesulide sono risultate sovrapponibili a quelle di etodolac (osteoartrite del ginocchio), diclofenac (osteoartrite), naprossene (tendinite, borsite).

In caso di osteoartrite del ginocchio, sia nimesulide (300 mg/die) sia rofecoxib (25 mg/die) sono risultati efficaci nel trattamento sintomatico del dolore e nel migliorare la qualità di vita; la nimesulide è risultata più efficace del rofecoxib dopo 2, 3 e 30 giorni di terapia (Herrera, Gonzales, 2003). Questo risultato è stato evidenziato anche in un altro trial che confrontava nimesulide, rofecoxib e celecoxib.

Nimesulide è risultata più efficace di rofecoxib e celecoxib sia per l’azione analgesica sia per la rapidità con cui tale azione compare in relazione all’attività del camminare. La preferenza dei pazienti nella scelta del farmaco da utilizzare sul lungo periodo è stata data a nimesulide e rofecoxib, in minor misura a celecoxib (Bianchi, Brogini, 2003).

In pazienti con osteoartrite dell’anca o ginocchio, la nimesulide ha mostrato attività equivalente a naprossene nel ridurre l’intensità del dolore (-22,5 vs –22,4% a 6 mesi; -22,5 vs –19,9% a 12 mesi) e un profilo di tollerabilità generale sovrapponibile, più favorevole relativamente alla tossicità gastrica (incidenza di effetti collaterali gastrointestinali: 47,5 vs 54,5%) (Kriegel et al., 2001).

L’equivalenza terapeutica e la migliore tollerabilità gastrointestinale in caso di osteoartrite è stata confermata anche per la formulazione della nimesulide con betaciclodestrina vs naprossene: riduzione del dolore associato al movimento pari a -41,5 vs –40,5%, rispettivamente con nimesulide beta-ciclodestrina (800 mg/die) e naprossene (100 mg/die) dopo 2 settimane; durata media del trattamento su richiesta pari a 163,03 vs 166,3 giorni; interruzione della terapia per intolleranza: 8 vs 13 pazienti, interruzione del trattamento per gastrotossicità: 3 vs 12 pazienti rispettivamente con nimesulide e naprossene) (Fioravanti et al., 2002).

La nimesulide ha mostrato attività analgesica e antinfiammatoria paragonabile a piroxicam e etodolac in pazienti con osteoartrite all’articolazione del ginocchio (Sharma et al., 1998; Lucker et al., 1994). Nel trial di confronto con piroxicam l’infiammazione è stata risolta nel 66,7 vs 50% dopo 8 settimane e nell’80 vs 66,7% dopo 24 settimane, rispettivamente con nimesulide e piroxicam; dopo 8 settimane la funzionaità dell’articolazione è migliorata, rispettivamente, nel 72,2 vs 44,4% dei pazienti (Sharma et al., 1999).

L’azione analgesica della nimesulide in formulazione topica (gel) correla con il profilo farmacocinetico e ha mostrato un’efficacia superiore, nell’ordine, rispetto a diclofenac, piroxicam e placebo (volontari sani) (Goyal et al., 1998).

In pazienti affetti da artrite psoriasica, la nimesulide è risultata più efficace del placebo a dosi uguali o superiori a 200 mg/die nel ridurre la tensione e l’infiammazione delle articolazioni; non ha mostrato superiorità rispetto al placebo nel punteggio PASI (psoriasis Area Severity Index) e ESR (Sarzi-Puttini et al., 2001).

Nelle otiti la nimesulide è capace di ridurre l’infiammazione del timpano (50% dei pazienti); nelle rinosinusiti di ridurre la pressione endonasale (da 21 mmHg a 18 mmHg) ed aumentare Il flusso d’aria (da 13 a 14,5 L/min). Riduce l’edema ed accelera il trasporto mucociliare.

In caso di rinite allergica acuta, l’associazione di nimesulide a cetirizzina ha evidenziato un’azione sinergica nel ridurre la sintomatologia; la sola somministrazione dell’antinfiammatorio aveva diminuito la rinorrea, la sensazione di naso chiuso e il numero degli starnuti (Kotwani et al., 2001).

Nella dismenorrea la nimesulide provoca un decremento della concentrazione di PGF2 alfa da 382 a 94 mcg/L nel fluido mestruale; attenua il dolore e la pressione intrauterina. L’effetto antalgico inizia già 19 minuti dopo la somministrazione e raggiunge l’apice in 45 minuti. Ha mostrato efficacia terapeutica nella leucorrea e nelle infiammazioni vaginali secretive.

Nelle flebiti e nelle tromboflebiti di diversa eziologia, la nimesulide è in grado di ridurre sia il dolore spontaneo che conseguente a movimento, l’ipertermia locale, il rossore cutaneo (Agrifoglio , 1986).

Nelle infiammazioni del tratto genito-urinario, la nimesulide associata ad ampicillina ha indotto una maggiore e più veloce remissione dei sintomi: ingrossamento della prostata, edema, minzione notturna, variazioni della temperatura corporea (50% dopo 7 giorni di trattamento).

In caso di patologie flogistiche respiratorie, la nimesulide riduce il danno tissutale ed impedisce l’evoluzione di bronchiti acute o croniche in enfisema. Non provoca asma nei soggetti aspirino-intolleranti in quanto non stimola la produzione di istamina che brovocherebbe broncospasmo (Corr. Med., 1992).

La nimesulide ha mostrato efficacia nel trattamento del dolore odontoiatrico, ma l’azione antalgica è risultata inferiore a quella evidenziata con rofecoxib. In caso di estrazione di un molare incluso la differenza fra i due farmaci è stata pari ad un punto di differenza sulla scala visuale analogica di dieci gradi adottata per la valutazione dell’azione analgesica. La differenza fra i due farmaci è risultata piò marcata in caso di osteotomia (rimozione del molare completamente incluso) (Bracco et al., 2004).

La superiorità del rofecoxib dovuta ad un più rapido inizio dell’azione antidolorifica è stato confermato nel test del riflesso di fuga provocato da uno stimolo doloroso all’arto inferiore. Con questo test è possibile valutare la capacità di un farmaco di elevare la soglia al dolore (potenza e rapidità d’azione): la nimesulide ha presentato una minor velocità d’azione sul riflesso nocicettivo rispetto a rofecoxib (Corr Medico, 2004).

In caso di intolleranza o idiosincrasia verso l’acido acetilsalicilico e i FANS (sintomi di intolleranza: orticaria, angioedema), la somministrazione di nimesulide (25 mg iniziali, seguiti dopo 1 ora da 75 mg) è stata associata a comparsa di eventi avversi nell’8,3% dei pazienti (Bavbek et al., 1999). In un altro trial, la percentuale di pazienti con ipersensibilità verso ASA o FANS che hanno manifestato reazioni di ipersensibilità verso nimesulide è stata pari al 20%. La presenza di atopia e di anafilassi indotta da ASA rappresenta un fattore di rischio per la reattività crociata con FANS (Asero, 1999).

A partire dal 2001, sono state riportate segnalazioni di reazioni avverse gravi, di epatopatia, alla nimesulide, associate a decesso in alcuni casi: epatite, epatite colestatica, epatite acuta, epatite fulminante. Poiché nella maggior parte dei pazienti, queste reazioni si sono manifestate dopo un lasso di tempo breve dall’inizio del trattamento (1-8 giorni), è stata suggerita un’eziologia di tipo idiosincrasico. Considerando il periodo 2001-2007, gli eventi avversi di natura epatica hanno rappresentato la terza causa più frequente di ADR (13,8%) riportate per la nimesulide, dopo quelle a carico della cute e dei tessuti molli (48,4%) e del tratto gastrointestinale (20,1%). La nimesulide è stata oggetto di più procedure di revisione da parte dell’EMEA, nel 2002, nel 2007 e nel 2010; il farmaco è stato ritirato, a causa degli eventi avversi epatici (comunque rari), in Finlandia, in Spagna, in Irlanda e nel Belgio. Negli altri paesi europei, inclusa l’Italia, sono state modificate le indicazioni terapeutiche – limitate al trattamento del dolore acuto e della dismenorrea –, la dispensabilità (ricetta medica da rinnovarsi volta per volta), è stata fissata la dose massima giornaliera a 200 mg/die e la durata massima della terapia (15 giorni) (AIFA, 2007a, 2008).