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Citalopram

Elopram, Seropram e altri

Farmacologia - Come agisce Citalopram?

Il citalopram è un inibitore selettivo del reuptake della serotonina (SSRI) di seconda generazione. Chimicamente è una ftalina biciclica con un centro chirale. Il citalopram è una miscela racemica dei due enantiomeri, entrambi attivi ma con potenza e selettività differente. Dei due enantiomeri quello con maggiore attività è la forma S. Il citalopram possiede una selettività sui recettori serotoninergici maggiore rispetto alle altre molecole della stessa classe, ma ha minor potenza terapeutica nelle forme depressive più gravi con una componente d'ansia importante o con apatia e rallentamento.

Il citalopram blocca il reuptake della serotonina e la sua selettività d'azione, in vitro, è pari a 5000 volte quella evidenziata per noradrenalina e 20000 volte quella per dopamina (costante di inibizione dell'uptake Ki: 1,3 nmoli/L per serotonina; 4000 nmoli/L per noradrenalina; 28000 nmoli/L per dopamina) (Milne, Goa, 1991).

L'inibizione del reuptake della serotonina comporta una diminuzione del turnover della stessa. Infatti, i farmaci SSRI incrementano la concentrazione di serotonina nello spazio intersinaptico e riducono, nel contempo, la concentrazione cerebrale dei principali metaboliti del neurotrasmettitore.

Inoltre, poichè la concentrazione intersinaptica delle catecolamine controlla, con meccanismo di feedback, la sintesi presinaptica delle catecolamine stesse, il citalopram influenzando il reuptake della serontonina ne modifica anche la sintesi (Milne, Goa, 1991).

Il meccanismo d'azione degli SSRI coinvolge la proteina che lega la serotonina nello spazio sinaptico e che la trasporta nelle sedi di riassorbimento a livello cerebrale. Gli SSRI si legano alla proteina in questione, favorendo la permanenza della serotonina nello spazio intersinaptico e, conseguentemente, facilitando la trasmissione serotoninergica. Gli SSRI non modificano la concentrazione totale di serotonina nel cervello.

Il citalopram, come gli altri farmaci della classe degli SSRI, possiede un'effetto trascurabile sul reuptake della noradrenalina e della dopamina, scarsa affinità per i recettori di serotonina (5-HT1A, 5-HT1B, 5-HT2A), dopamina (1 e 2), istamina 1 (scarso effetto sedativo del farmaco), per quelli muscarinici e adrenergici alfa e beta, per i recettori di benzodiazepine, oppiacei e MAO-inibitori.

In vivo, la somministrazione prolungata di citalopram induce “up-regulation” dei recettori alfa1 e “down-regulation” dei recettori beta2 nella corteccia cerebrale ma non a livello di talamo o ippocampo; non provoca “down-regulation” del sistema adenilciclasi-beta-adrenocettore (Milne, Goa, 1991).

Il citalopram previene l'immobilità indotta da nuoto forzato (comportamento da disperazione) (roditori); l'ipertermia causata da deplezione delle terminazioni nervose serotoninergiche; potenzia i comportamenti indotti dalla somministrazione dell'1,5-idrossitriptofano, precursore della serotonina (tremore, movimenti laterali del capo, rigidità e distorsione degli arti posteriori); stimola l'attività esploratrice diurna e notturna (topo); potenzia l'attività motoria in risposta a d-anfetamina e apomorfina (nonostante non vi sia affinità da parte del farmaco verso i recettori della dopamina) (Milne, Goa, 1991).

In vivo, potenzia l'analgesia indotta da morfina e da stress (incremento dell'attività delle vie discendenti inibitorie serotoninergiche); a concentrazioni maggiori di quelle impiegate in clinica, induce convulsioni che rispondono al trattamento con benzodiazepine (Milne, Goa, 1991).

Nell'uomo, il citalopram induce effetti sedativi minori rispetto alla maggior parte degli antidepressivi triciclici (Itil et al., 1984); induce un moderato aumento dei livelli di prolattina in risposta all'ormone rilasciante la prolattina; riduce l'assunzione di alcool.

Non sembra possedere tossicità miocardica (Pederson et al., 1982).

Il citalopram (100 mg/kg, os) ha provocato la comparsa di alterazioni simili alla lipidosi in linfonodi, corteccia e midollare del surrene, reni (ratti femmina) (Lullmann-Rauch, Nassberger, 1983).

Il citalopram può aumentare il rischio di sanguinamento. La serotonina possiede attività vasocostrittrice e antiaggregante piastrinica. Le piastrine, che non sono capaci di sintetizzare il neurotrasmettitore, lo assorbono dal sangue attraverso una proteina che funge da “trasportatore” di serotonina. All'interno della piastrina la serotonina è accumulata in granuli per essere poi rilasciata nuovamente nel torrente circolatorio quando la piastrina è attivata nel processo di emostasi. L'inibizione del reupake della serotonina indotto dagli SSRI blocca anche il trasportatore di serotonina piastrinico. E' stato osservato che il trattamento con SSRI aumenta il rischio di sanguinamento uterino, il rischio di sanguinamento associato ad intervento chirurgico ortopedico nei pazienti anziani e il rischio di sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore (Movig et al., 2003; van Walraven et al., 2001).

In uno studio di coorte relativo a pazienti trattati da 3 mesi con antidepressivi, il ricovero per sanguinamento gastrointestinale superiore era pari ad un aumento di 3,1 episodi per 1000 trattamenti/anno per i pazienti trattati con antidepressivi che inibivano la ricaptazione della serotonina rispetto a quelli che non la inibivano (il citalopram è considerato un farmaco con capacità intermedia di inibire il reuptake della serotonina) (Dalton et al., 2003). L'aggiunta di FANS o acido acetilsalicilico aumentava ulteriormente il rischio. Il rischio di sanguinamento inoltre non sembrava dipendere dalla durata della terapia (nessuna differenza dopo 1 mese, 2 o 6 mesi) (Layton et al., 2001).

Il citalopram è risultato efficace sia nelle forme di depressione lieve (20 mg) che in quelle più gravi (40 mg) con un tasso di recidive pari all'8% e al 12%, rispettivamente con il dosaggio minore e maggiore (recidive con il placebo: 31%) (Montgomery et al., 1993).

In caso di pazienti anziani, il citalopram è risultato efficace nel ridurre la sintomatologia depressiva e nel migliorare alcuni parametri della funzione cognitiva in quei pazienti affetti da forme leggere di demenza (Nyth ey al., 1992).

È stato utilizzato anche per ridurre l'assunzione di alcool in pazienti alcolisti e per aumentare il numero di giorni di astinenza (Naranjo et al., 1992); nel trattamento del dolore neuropatico (in caso di neuropatia diabetica è risultato meno efficace degli antidepressivi triciclici) (Sindrup et al., 1992); nel trattamento di comportamenti isterici (risa o urla continue), dovute a lesioni di alcune aeree del cervello, il citalopram ha indotto risposta terapeutica positiva, analoga a quella di amitriptilina e nortriptilina.

Depressione
Da una metanalisi di studi clinici vs placebo, il citalopram è risultato più efficace nel ridurre i punteggi delle varie scale di valutazione considerate: HAM-D (Hamilton Depression Scale) a 17 o 24 punti, MADRS (Montgomery-Asberg Depression Rating Scale) e CGI (Clinical Global Impression Scale). La popolazione esaminata evidenziava per circa due terzi depressione lieve-moderata e per circa un terzo depressione grave; per il 60% apparteneva al sesso femminile con un'età media di 47 anni (17-92 anni). I punteggi di valutazione dello stato depressivo sono migliorati sia con la dose di 20 mg sia con la dose di 40 mg di citalopram. Con la dose di farmaco maggiore, 80 mg/die, la riduzione delle scale HAM-D e MADRS è risultata superiore al 50%, ma quella della scala CGI non è risultata significativa (Montgomery, et al., 1994).

In pazienti con depressione maggiore, la somministrazione di citalopram è risultata più efficace del placebo nel migliorare il punteggio della scala MADRS alla dose di 40 mg/die ma non alla dose inferiore di 20 mg/die. Lo scarto rispetto al placebo ha raggiunto significatività statistica alla terza settimana di trattamento, ma alla quarta e alla quinta settimana, la differenza del punteggio MADRS fra gruppo trattato e gruppo placebbo risultava avere una significatività statistica al limite (borderline). Considerando invece la scala HAM-D, la differenza fra gruppo trattato e gruppo placebo era statisticamente significativa, a favore del citalopram, alla terza, alla quarta e alla quinta settimana; nessuna differenza era riscontrabile fra i due gruppi con la dose più bassa di antidepressivo. Differenza statisticamente significative fra citalopram e placebo sono state osservate alla terza e sesta settimana per il punteggio CGI quando la dose di farmaco era di 40 mg/die, ma non quando era di 20 mg/die (Montgomery et al., 1992).

In pazienti con punteggio HAM-D a 24 punti iniziale di >/= 24, la somministrazione di citalopram secondo uno schema posologico flessibile dipendentemente dalla tollerabilità della dose somministrata è risultata efficace nel migliorare la sintomatologia depressiva proporzionalmente alla dose impiegata (scale di valutazione: HAM-D, CGI e SDS - Zung Self-rating Deepressione Scale). La dose iniziale prevedeva la somministrazione di 20 mg/die, incrementabile fino a 80 mg/die in circa 2 settimane. La dose finale veniva poi somministrata per altre 2 settimane (dose media alla quarta settimana: 61 mg/die). Al termine dello studio, l'80% dei pazienti aveva significativamente migliorato il punteggio CGI rispetto al 40% nel gruppo placebo. Gli effetti collaterali più frequenti (>/= 10%) erano nausea, xerostomia, sonnolenza e capogiri (Mendels et al., 1990).

Negli studi di comparazione con altri antidepressivi, il citalopram ha evidenziato un'efficacia sostanzialmente sovrapponibile: citalopram 20 mg/die vs fluoxetina 20 mg/die in pazienti con depressione maggiore unipolare (MADRS, HAM-D, CGI) (il miglioramento della sintomatologia è risultato maggiore con citalopram nelle prime due settimane di trattamento) (Patris et al. 1996); citalopram 30-40 mg/die vs fluvoxamina 150-200 mg/die (HAM-D, CGI) (Hoffmans et al., 1996); citalopram 20-60 mg/die vs amitriptilina 112,5-225 mg/die (HAM-D) oppure citalopram 30-60 mg/die vs amitriptilina 75-225 mg/die (MADRS) (Shaw et al., 1986; Gravem et al., 1987); citalopram 40-60 mg/die vs maprotilina 75-150 mg/die (MADRS) (Bouchard et al., 1987; Timmerman et al., 1987); citalopram 10-30 mg/die oppure 20-60 mg/die vs imipramina 50-150 mg/die (Rosenberg et al., 1994); citalopram 20-60 mg/die vs sertralina 50-150 mg/die (Ekselius et al., 1997).

Nello studio che ha confrontato citalopram 40 mg/die vs clomipramina 150 mg/die, quest'ultima è risultata più efficace dopo una e tre settimane di terapia, in particolare nel migliorare i disturbi del sonno; i trattamenti hanno dato risposte di efficacia sovrapponibili dopo 5 settimane di terapia. La clomipramina ha evidenziato un profilo di tollerabilità meno favorevole rispetto al citalopram per xerostomia, ipotensione ortostatica e iperidrosi; con citalopram sono risultate più frequenti nausea e cefalea (Danish University Antidepressant Group, 1986).

La comparsa dell'effetto antidepressivo è stato più rapido con citalopram rispetto a mianserina e più lento confrontato con clomipramina.

L'incidenza degli effetti collaterali è risultata più alta con amitriptilina e clomipramina, mentre il profilo di tollerabilità del citalopram è risultato sovrapponibile a quello della mianserina e della maprotilina.

In uno studio che ha preso in considerazione 12 revisioni sistematiche relative all'impiego di SSRI, mirtazapina, venlafaxina, duloxetina, milnacipran, bupropione e reboxetina nel trattamento in acuto della depressione maggiore è emerso che, da un punto di vista dell'accetabilità (uno dei parametri considerati insieme all'efficacia terapeutica), il citalopram è risultato al quarto posto come accetabilità e al quinto posto come efficacia (Lancet, 2009).

Nei pazienti pediatrici (7-17 anni) con disturbo depressivo maggiore, la risposta al citalopram è risultata influenzata dal polimorfismo genetico. Il gene che codifica per il trasportatore di serotonina nello spazio intersinaptico, infatti, presenta polimorfismo. Sono state identificate due forme: “short” (s) e “long” (l). I pazienti con polimorfismo “ss” hanno evidenziato una risposta terapeutica al farmaco inferiore, un minor grado di agitazione (6,3% vs 32,8%) e una maggior propensione a comportamento/ideazione suicida rispetto ai pazienti con polimorfismo “sl/ll” (Kronenberg et al., 2007).

In uno studio in doppio cieco, in pazienti adolescenti (13-18 anni) con disturbo depressivo maggiore, la somministrazione di citalopram è stata confrontata con placebo per verificare efficacia e tollerabilità. Circa un terzo dei pazienti ha interrotto precocemente il trial. Sulla base dei punteggi ottenuti con i sistemi di valutazione kiddie-SADS-P e MADRS, hanno risposto al trattamento il 59% vs 61% dei pazienti nel gruppo citalopram e placebo (risposta terapeutica definita con la scala kiddie-SADS-P: depressione e anedonia </= 2; con la scala MADRS/ riduzione del punteggio >/= 50%). La remissione (MADRS </= 12 punti) è stata ottenuta, rispettivamente, nel 51% vs 53% dei pazienti con citalopram e placebo. L'analisi post hoc ha poi evidenziato che due terzi dei pazienti avevano ricevuto, in aggiunta alla terapia farmacologica, un supporto cognitivo-comportamentale. Limitando l'analisi degli esiti clinici solo ai pazienti che avevano ricevuto esclusivamente la terapia farmacologica (citalopram o placebo), il farmaco ha evidenziato un'efficacia superiore al placebo sia nell'indurre risposta terapeutica (41% vs 25% secondo la scala kiddie-SADS-P; 52% vs 22% secondo la scala MADRS) sia nell'indurre remissione dei sintomi (45% vs 19%, MADRS </= 12 punti). Il 75% vs 71% dei pazienti, rispettivamente con citalopram o placebo, ha manifestato almeno un evento avverso lieve-moderato (ADR più frequenti: cefalea, nausea, insonnia) e il 14% vs 15% un evento avverso grave. Comportamenti correlati al suicidio o all'ideazione di suicidio sono stati riscontrati in 5 ragazzi nel gruppo placebo e in 15 nel gruppo citalopram, mentre considerando la singola voce per ideazione suicidia nella scala kiddie-SADS-P la percentuale di pazienti è risultata più alta con il placebo rispetto al citalopram (18% vs 8%) (von Knorring et al., 2006).

Depressione in pazienti con cardiopatia
Nei pazienti depressi con cardiopatia, il numero di decessi per malattie cardiache raddoppia e nei 2 anni successivi ad infarto miocardico l'incidenza di mortalità totale e mortalità cardiovascolare aumenta di 2-2,5 volte (Nicholson et al., 2006; van Melle et al., 2004). Gli SSRI possiedono effetti limitati sulla pressione sanguigna e sul ritmo cardiaco, anche se è stata riportata ipotensione posturale. Inoltre il loro impiego può provocare iponatriemia e, più raramente, allungamento dell'intervallo QTc. Nei pazienti affetti da patologie coronariche, gli SSRI sembrano anche ridurre la funzionalità piastrinica (Serebruany et al., 2001).

In uno studio vs placebo, condotto in pazienti con depressione moderata-grave (punteggio medio all'ingresso secondo la scala HAM-D a 24 punti: 29,7) e cardiopatia (infarto miocardico accertato oppure precedente rivascolarizzazione cardiaca oppure almeno il 50% di ostruzione di una o più coronarie evidenziata tramite angiografia), la somministrazione di citalopram (20-40 mg/die) non ha comportato differenze, rispetto al gruppo di confronto, per pressione arteriosa, frequenza cardiaca o ritmo cardiaco. Il numero di eventi cardiovascolari gravi è risultato uguale nei due gruppi (6 in ciascun gruppo) (Lesperance et al., 2007).

Disturbo da attacchi di panico
Il disturbo da attacchi di panico è stato riconosciuto come entità diagnostica distinta dagli altri disturbi d'ansia nel 1980. Il disturbo da panico può manifestarsi con o senza agarofobia. Presenta elevata morbilità: oltre la metà dei pazienti sviluppa un disturbo di tipo depressivo. E' caratterizzato dalla presenza di intensa paura o disagio che si accompagna ad una serie di sintomi sia fisici sia psichici che compaiono improvvisamente e raggiungono il loro apice in circa 10 minuti: palpitazioni, cardiopalmo, tachicardia; sudorazioni; tremore; dispnea o sensazione di soffocamento; sensazione di asfissia; dolore o fastidio al petto; nausea o disturbi addominali; sensazione di sbandamento/svenimento; derealizzazione e/o depersonalizzazione; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di morire; parestesie; brividi o vampate di calore.

Il citalopram ha mostrato attività terapeutica analoga a clomipramina (Wade et al., 1997). In questo studio, pazienti con disturbo da attacchi di panico con o senza agarofobia sono stati trattati con citalopram (10-60 mg/die) e confrontati con placebo e clomipramina (60-90 mg/die). La dose di citalopram è stata aggiustata nelle prime 3 settimane dello studio, stabilizzata nella quarta settimana (dosaggio compreso fra 40-60 mg/die); dalla quinta all'ottava settimana i pazienti hanno ricevuto una dose fissa di citalopram.

Disturbo ossessivo-compulsivo in pazienti pediatrici
Il citalopram è stato confrontato con fluoxetina nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo nei pazienti pediatrici (7-18 anni). I pazienti sono stati trattati con citalopram o fluoxetina in dose fissa (20 mg/die) per 6 settimane. Le scale di valutazione adottate sono state CY-BOCS (Yale-Brown Obsessive-Compulsive Scale) e CGI. Al termine dello studio i due farmaci hanno evidenziato un profilo di efficacia e tollerabilità sovrapponibile: entrambi hanno migliorato il punteggio CY-BOCS ma non quello CGI. Nel gruppo trattato con citalopram, l'evento avverso più comune è stata la cefalea, nel gruppo di confronto il tremore (Alaghband-Rad, Hakimshooshtary, 2009).

Fibromialgia
Il citalopram è stato utilizzato anche nel trattamento della fibromialgia, ma in due trial clinici, in cui è stato somministrato (20-40 mg/die) per periodi di tempo di 8 e 16 settimane (per un numero complessivo di pazienti pari a 61) non è risultato più efficace del placebo (Norregaard et al., 1995; Andeberg et al., 2000)

Alzheimer
Il citalopram è risultato efficace nel trattamento dell’agitazione nei pazienti con probabile alzheimer, in particolare nei pazienti con deterioramento cognitivo lieve (Porsteinsson et al., 2014). Il tempo di risposta al citalopram non è rapido: la differenza maggiore del tasso di risposta fra citalopram e placebo è stato osservato alla fine dello studio, dopo 9 settimane di terapia (Weintraub et al., 2015). L’antidepressivo ha migliorato anche altri sintomi neuropsichiatrici quali il delirio (odds ratio OR: 0,40), l’ansia (OR: 0,43), l’irritabilità/labilità (OR: 0,38) e la comparsa di allucinazioni (OR: 0,63), mentre ha aumentato l’incidenza di disturbi del sonno (Leonpacher et al., 2016). I risultati sono stati osservati a dosi piuttosto elevate di farmaco (30 mg/die) che possono dare peggioramento cognitivo e prolungamento dell’intervallo QT, tanto che l’agenzia americana che si occupa di farmaci, la Food and Drug Administration, non raccomanda, comunque, l’uso di dosi superiori a 20 mg/die di citalopram nei pazienti più anziani (Drye et al., 2014). Sembra inoltre che gli effetti collaterali del citalopram siano correlabili all’enantiomero R del citalopram, mentre i benefici clinici all’enantiomero S (Leonpacher et al., 2016).